Nel 2009, a fronte dell’onda emozionale seguita ad uno stupro avvenuto nel parco della Caffarella, a Roma (per cui vengono accusati due rumeni) il governo parafascista Berlusconi – Maroni vara una legge che stabilisce l’obbligatorietà della custodia cautelare per una determinata serie di capi d’imputazione.
La norma generale prevede la custodia cautelare, ossia la detenzione prima che sia emesso un giudizio di colpevolezza, nel caso in cui vi sia possibilità:
- di reiterazione del reato
- di fuga
- di inquinamento delle prove
al contrario la legge 38 del 23 aprile del 2009 prevede, per questa serie di capi d’imputazione l’obbligo di custodia in carcere per gli imputati (prostituzione minorile, pornografia minorile, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, violenza sessuale di gruppo).
Fin qui nessuna sorpresa, non stupisce né il connubio tra la celerità del provvedimento legislativo e l’enfasi mediatica data ad un fatto grave, né il ricorso ad una pena detentiva prima ancora di una sentenza di colpevolezza, come forma di esorcismo sociale.
Non corrispondono a questo le detenzioni nei CIE o il reato di clandestinità?
Non è questo modo di mostrare la galera comunque e subito una forma di marketing atta a convincere chi è fuori (cioè – per ora – ‘noi’) che può ritenersi dalla parte giusta, fino a che non si svegli scoprendo di essersi sbagliato?
La propaganda politica (in maniera bipartisan e trasversale) si compiace di ostentare il corpo martoriato del criminale, sia esso giudicato, sia esso in attesa di giudizio, sia esso detenuto oltre i limiti di pena, è un rafforzativo del principio di autorità.
Non stupisce neanche che, per ragioni del tutto interne alle regole del diritto, i giudici della corte Costituzionale rimettano in riga il provvedimento parafascista del governo Berlusconi – Maroni, chiarendo che sotto il profilo della custodia cautelare quei reati vanno trattati (male) come tutti gli altri.
Quello che stupisce, va detto, è la dimensione dell’uniforme coro di protesta che accomuna nuovamente la politica bipartisan al chiacchiericcio da bar, e che sostanzialmente è l’humus dei regimi autoritarii.
La storia ci ha abituato a sentenze preventive di proporzioni ben più gravi, ma dovremmo almeno aver imparato che la strada non è quella, cosa che dalle voci che danno clamore a questa vicenda non pare.
(alla fine i due rumeni dello stupro della Caffarella furono riconosciuti del tutto estranei ai fatti e per il momento rimessi in libertà)
tommaso febbraio 2012