Il fascismo è il male di pancia della classe media.
È il Partito (p maiuscola) della Borghesia Nazionale.
In tempi di penuria di mezzi questa si difende, o pensa di farlo, serrando le righe. Difende il diritto alla conservazione delle sue proprietà minacciate dalla crisi.
Un tempo ha temuto (a buona ragione) le sollevazioni popolari oggi teme maggiormente le grosse concentrazioni e i capitali multinazionali. (il fascismo non è l’imperialismo, anzi questi sul lungo periodo sono antagonisti anche se possono talvolta trovare utilità l’uno nell’altro)
Ciò che il fascismo non metterà mai in discussione è la proprietà privata e lo Stato.
Un tempo al proletario era chiaro che la proprietà [dei mezzi di produzione] non l’avrebbe mai avuta, neanche aspettando mille anni, questo gli rendeva più facile non essere fascista.
Oggi molti lavoratori nei paesi a capitalismo avanzato sono un po’ proprietari di qualche sgangherato mezzuccio di produzione e per questo più facilmente portati ad essere fascisti.
Questo naturalmente non vale per tutti, non vale per buona parte degli immigrati, che sono i nuovi proletari dei paesi a capitalismo avanzato, e per i lavoratori dei paesi con un capitalismo in crescita, una classe media in formazione e con condizioni di lavoro ancora di stampo simil-fordista.
Della proprietà – ahimé – si parla poco, ma credo che farlo porrebbe un discrimine chiaro e, forse, permetterebbe di definire più nettamente quella parte che fa il partito di parte (p minuscola).
Un atto radicalmente opposto al fascismo è saper ammettere quando si ha sbagliato, il che significa non volersi appropriare della verità (o della ragione, a seconda di come la si vuole vedere).
Lo è anche difendere fortemente la proprie motivazioni senza pero’ pensare di dover essere sempre il centro della pista da ballo, per non finire con l’appropriarsi della storia.
Il fascismo gioca facile con il vuoto identitario. Con il connubio di simbologia e retorica del potere propone una facile risposta alla domanda ‘chi sono’ che volente o nolente affligge uomini e donne da molto tempo. Nella risoluzione di una discordia fare riferimento ad una autorità terza è enormemente più facile che farsene carico direttamente. Il principio di autorità, quindi, è un ragionevole approdo per chi non voglia far fatica e abbia qualcosa da proteggere, mentre è molto più impervio per chi da proteggere non ha nulla. Un’identità costruita attorno al principio di autorità è qualcosa che si avvicina molto al fascismo.
Nella versione a cui siamo abituati il fascismo fa molto tifoseria, collettivi di studenti fascisti e antifascisti spiegano poco le loro ragioni e i loro obiettivi, prendono posizione in un campo ideologico cedevole e insidioso come le sabbie mobili.
In realtà non è tanto il fascismo a diventare facilmente tifoseria ma la tifoseria a diventare facilmente fascismo. Ogni tifoseria porta in sé il germe di una soluzione (troppo) facile al problema dell’identità.
Forse è anche questo che Foucault intende quando dice che bisogna:
“rimuovere il fascismo che si è incrostato nel nostro comportamento”.
[Prefazione all’edizione inglese di Deleuze-Guattari, Antiedipo (1977) in “Foucault Il filosofo militante” p. 242]
Ommot feb 2018