Qualche osservazione a caldo sulla censura di Facebook
– Facebook è una company, la sua mission è produrre valore non fare astrattamente del bene o del male.
L’affare Cambridge Analitica non gli ha fatto una buona pubblicità e ora sta cercando di correre ai ripari. Ha chiesto di avere delle regole agli Stati nazionali per scaricare la responsabilità dell’intervento esplicito sui contenuti (per esempio la cancellazione), che forse è la cosa che gli viene più difficile fare.
Nel frattempo prova a tappare da solo qualche buco.
Il primo caso notevole alla nostra evidenza è stata la chiusura delle pagine neofasciste [10 Settembre 2019]. Va notato che in quel caso non si è trattato della chiusura (definitiva o temporanea) di una pagina o un account a seguito di segnalazioni da parte di altri utenti, o almeno non solo di quello. Il fatto che in un giorno siano stati oscurati più di un centinaio di pagine/account significa che Facebook ha aperto una sua istruttoria, ha stilato una sua lista ed è passata autonomamente alla vie di fatto.
Presumibilmente la stessa cosa è stata fatta nell’oscuramento delle pagine in appoggio alla resistenza curda contro l’aggressione turca. Facebook, nel tutelare la sua immagine, si è fatto proattivo da meramente reattivo che era.
Ce la farà ad uscirne più pulito? No, non ce la farà.
– Le alternative (i.e. Mastodon) ci sono ma non permettono il bagno di folla del social massivo.
Una volta, con un gruppo di lavoro che studiava come fare una scuola libertaria, abbiamo chiesto a degli studenti liceali che si lamentavano della noiosità dei programmi scolastici e del fatto che nessuno li ascoltasse, se gli sarebbe piaciuto avere una scuola con meno compagni ma più vicini e dove si decideva insieme che cosa capire e come. Hanno detto assolutamente di no: per nulla al mondo avrebbero rinunciato alla pluralità di relazioni che il brodo scolastico permette. Non avrebbero voluto fare a meno del compagno secchione, del compagno antipatico, del compagno arrivato da chissà dove né a Franti. Non c’è da dargli torto.
– Le alternative possono servire per scambiare dei messaggi quando i canali ufficiali sono interrotti, hanno quindi una funzione di tattica utilità e per questo vanno coltivate e usate ma non possono fornire la stessa sensazione di bagno di folla offerta dal “social” comunemente detto, svolgono una funzione diversa.
– Sempre e comunque dobbiamo pensare che i rapporti di forza non possono essere costruiti online e che deve essere possibile spostare azione e attenzione su fatti concreti, almeno altrettanto concreti dei i profitti che Facebook genera (che non sono proprio la rigidità della materia ma godono di una buona credibilità e hanno una discreta capacità trasformativa).
– Facebook è una company, che segue ma contemporaneamente concorre a produrre consenso. Può essere che il suo muoversi segua anche desideri e/o suggerimenti di altri grossi gruppi. Fa parte delle regole dell’economia del capitale.
– Mastodon è essenzialmente altra cosa da FB, il suo senso è molto esemplificato dal fatto che un account non possa venire chiuso ex abrupto dall’alto. Se così non è allora non serve a niente.
23 10 2019
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