Lo spazio

Sono sempre stato innamorato dello spazio. A otto anni, un giorno di primavera, all’uscita da scuola mia zia mi annunciò che i sovietici avevano lanciato un uomo nello spazio. Ricordo perfettamente che mi misi a guardare in alto e rimasi un bel po’ con lo sguardo all’insù, sperando di vedere la navicella in cui viaggiava Jurij Gagarin. Era il 12 aprile del 1961 e segretamente promisi a me stesso che sarei stato il secondo uomo ad andare sulla luna. Il secondo, perché l’idea di andarci per primo mi faceva paura. Poi gli americani raggiunsero la luna che avevo solo 16 anni e sbarcarono in due, cosi dovetti rinunciare all’impresa.
Questo sogno infantile deve avere continuato a covare dentro di me perché il primo anno in cui fui chiamato come supplente in una scuola della Magliana, a Roma, di fronte alle mamme che protestavano perché in seconda elementare non davo compiti a casa ai loro figli, decisi di assegnare loro un compito che credevo impossibile. Dissi a bambine e bambini di aspettare che venisse notte, contare tutte le stelle che erano in cielo e scrivere il numero sul quaderno.

Il giorno dopo scoprii con grande sorpresa che tutti avevano fatto il compito. Michele ne aveva contate undici. Pino mille, Sabrina venticinque e scrisse che sono molto piccole e molto lontane. Fiammetta notò che sono più grandi del sole aggiungendo, con mia grande felicità: «lo penso che qualche giorno ci vado». Maurizio scrisse: «lo ho visto le stelle e mi sono messo a contarle le stelle. Solo 5 in tre minuti. Poi mio papà mi ha detto che non si possono contare e mia mamma mi ha detto vieni a letto».
Per un po’ i genitori non mi hanno più chiesto di dare compiti a casa. Ma quel conteggio impossibile era così tanto piaciuto a bambine e bambini che quando dovemmo scegliere di dare un nome al nostro primo giornalino scolastico, a grande maggioranza fu votato «Contar le stelle».

Franco Lorenzoni
da Educare controvento, Sellerio editore, Palermo, 2023


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