Nei processi d’apprendimento la ‘risposta errata’ non è di per sé sintomo di qualcosa che non va, e tantomeno è un comportamento che merita biasimo o rimprovero.
L’errore è il tentativo (forse infruttuoso) di arrivare da qualche parte ed è quindi a pieno titolo nel primo gradino della conoscenza, l’errore poi spesso nasconde una interpretazione ‘diversa’ del fatto che non è necessariamente sbagliata anzi che talvolta può rivelarsi più corretta di quella che si suppone essere la risposta esatta.
E’ difficile negare che la conoscenza si sviluppi attraverso [per mezzo] gli errori e che, quindi, ogni errore ha in sé un germe di saggezza. Moltissime scoperte scientifiche sono frutto di errori o esiti inattesi di ipotesi mal formulate.
Stupisce, per questo, l’importanza che viene data ai test a risposta chiusa somministrati alle scuole per valutare lo stato di preparazione degli studenti.
Quello dell’esame è un momento che fa paura e si impone come modello di valutazione agli occhi di chi lo subisce. Quanti ragazzini amano farsi valutare in decimi mimando il giudizio scolastico e facendolo proprio come strumento per l’auto-affermazione? Non significa questo assumere la regola dell’altro, che è l’adulto o chi per potere o conoscenza ha la possibilità di valutare? E se nel valutare l’autorità giudicante contemporaneamente insegna come si giudica, e se nel suo insegnare il metodo di giudizio penalizza l’errore assegnando un punteggio basso o nullo alla risposta sbagliata di un test a risposta chiusa, allora non viene minacciata proprio quella parte del meccanismo dell’esperienza delle cose su cui si elabora la conoscenza? Allora non si impone un modello che più che con la conoscenza ha a che fare con l’obbedienza?
Bisogna fare molta attenzione a ciò che si insegna e a come lo si fa.
qui un esempio interessante di approccio all’errore nei processi di apprendimento:
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tommaso, 9 agosto 2010
e qui Celestini:
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