Il paradigma della produzione e gli incubi del signor Medio

In questi tempi difficili mi capita spesso di leggere competenti, e da me stimati, autori intervenire a proposito della crisi, la Grande Recessione la chiama qualcuno. Dato il carattere eminentemente finanziario della stessa, viene facile rifarsi a chiavi interpretative che risalgono probabilmente alla fine del ventesimo secolo: da “La fine del lavoro” di Jeremy Rifkin fino alla “Società Liquida” di Zygmunt Baumann.

Scrive Baumann in un’intervista pubblicata da Micro Mega in questo dicembre 2011:

Ciò che è accaduto nell’ultimo mezzo secolo o giù di lì, è che il capitalismo ha imparato l’arte, prima sconosciuta, di produrre sempre nuove «terre vergini», anziché limitare la sua rapacità alla gamma di quelle già esistenti. Questa nuova arte – resa possibile dal passaggio dalla «società dei produttori» alla «società dei consumatori», e dal passaggio dall’incontro tra capitale e lavoro a quello tra merce e cliente come principale fonte di «valore aggiunto», profitto e accumulazione – consiste soprattutto nella progressiva mercificazione delle funzioni della vita, nella mediazione del mercato nella successiva soddisfazione dei «bisogni», e nella sostituzione come volano dell’economia votata al profitto del desiderio al posto del bisogno.

non è, quindi, la prima volta né sarà l’ultima: leggo e non capisco.

Premetto che riconosco di non essere molto ferrato in materia, mi mancano i dati e non ho un apparato teorico che sento abbastanza mio per poter sostenere degli argomenti in modo forte – quindi le righe che seguono non vogliono essere “assertive” (anche se lo sembreranno) ma problematiche e argomentative. Mi limito, cioè, ad avanzare dei dubbi, a fare delle supposizioni, amo il dibattito.

mi spiego, ripartendo dall’inizio:

sul paradigma della produzione è stato detto molto. La storia del socialismo, anche rivoluzionario, e una certa lettura del marxismo, si basano sulla centralità della produzione. Consideriamo che le rivoluzioni socialiste sono avvenute in paesi che hanno dovuto subito colmare un gap nella capacità produttiva di beni materiali e che quindi si sono trovate a dover rincorrere il capitalismo sul suo stesso terreno. Una ragione quindi ci sarà ma per ora non credo serva indagare oltre.

In un punto nodale della sua teoria, Marx descrive la produzione di valore come forma di estrazione dal lavoro impiegato nella produzione di merci

Il paradigma della produzione (riassunto volgare)

se il lavoro svolto dal signor Medio produce più merce di quanto non serva allo stesso, e a chi socialmente permette la sua prestazione, di sopravvivere dignitosamente, allora il suo lavoro ha prodotto valore.

Per esempio il signor Medio ha una moglie che ama, due figli, una madre, manca di padre, ha fatto delle scuole, consuma pochi latticini, circola in bicicletta e usa molto il computer.

Al signor Medio serve (nella somma delle sue necessità presenti, in cui includiamo i familiari, e di quelle ereditate storicamente) l’equivalente di una FIAT Punto EVO ogni 6 mesi, e ciò gli viene regolarmente riconosciuto dal suo datore di lavoro. Grazie a ciò Medio non morirà prematuramente (e la genía dei Medi non si estinguerà) né i suoi figli mancheranno agli studi socialmente richiesti, si permetteranno anzi qualche gita istruttiva nelle capitali d’Europa.

Medio lavora in FIAT e, fatta la media di tutto quello che necessita tra macchinari, compagni di lavoro, bulloni, marche da bollo e tasse, produce per la FIAT due Punto EVO ogni sei mesi.

Ecco, in questo modo il signor FIAT guadagna sul lavoro di Medio una FIAT Punto Evo ogni sei mesi pur facendolo contento e permettendogli di soddisfare le richieste dei suoi familiari.

Così il signor FIAT ha guadagnato valore prodotto alle spalle del signor Medio (schema classico).

produzione materiale e immateriale (postilla al riassunto volgare)

Naturalmente oggi il signor FIAT non produce più tante automobili Punto Evo in Italia, paese del signor Medio, e questi, per non perdere il lavoro e grazie una rara capacità di adattamento è passato a scrivere software per l’IPad.

Ora in sei mesi, con una infrastruttura ridotta e meno amici, produce “Apps” (regolarmente pagate) che basterebbero a lui e alla sua famiglia per un anno di vita. Steve Jobs ne sarebbe contento, è un gran creativo, Medio è contento, in effetti si considera, ed è realmente, un gran creativo. Il signor FIAT è contento, la ditta per cui ora lavora Medio è sempre sua e ha sei mesi di produzione di “Apps” gratuite ogni anno, i figli di Medio hanno iniziato l’università e sono scontenti ma per ragioni che esulano da questo discorso. Fin qui nel rapporto tra il signor Medio e il signor FIAT tutto resta invariato.

denaro

[non ci preoccupi il fatto che del signor Medio si dice sia pagato in automobili o in applicazioni per IPad, egli più probabilmente è retribuito nella merce equivalente ‘denaro’. Questo artificio narrativo viene qui usato per palesare come la quantità di denaro ‘equivalente’ che riceve sia minore alla quantità di denaro ‘equivalente’ che si ricava da ciò che produce, cosa in ogni caso ovvia perché nessuno altrimenti gli darebbe un’occupazione

il denaro è una merce come un’altra.  (beh questa forse è un po’ forte, diciamo che è una merce particolare che ha molte cose in comune con altre merci)]

mercificazione pervasiva

Naturalmente la contabilità su quanto valgano sei mesi del signor Medio si complica dal momento che tutta una serie di ‘servizi’ (attività offerte ad un costo standard alla genía dei Medi) sono diventate col tempo a loro volta delle ‘merci’, che Medio acquista, pagandole. Si tratta di attività svolte da altre persone, sono altre merci usate per estrarre valore dal lavoro come accade con quelle che produce lui. Medio paga così: la luce, le cure mediche, le ripetizioni per i figli, l’integrazione alla pensione e poi il decoder giusto per la televisione…

Apparentemente, poiché Medio ‘paga’ per delle cose che prima erano per lui gratuite (o comunque non sindacabili) il costo del suo lavoro dovrebbe crescere. In realtà Medio produce un’economia sui suoi costi contribuendo, nel contempo, a trasformare dei servizi (che sono utili a chi li usa) in prodotti (che sono utili a chi li produce) quindi complessivamente il suo ‘costo sociale’ diminuisce (in misura inversamente proporzionale al suo potere contrattuale).

I conti di Medio sono più complicati ma la loro struttura è la stessa.

la finanza

Ad un certo punto al Circolo del signor FIAT si è associato il signor Goldman Sachs che ha iniziato a commerciare in prodotti finanziari. Il mercato della compravendita delle azioni (finanziamento alle aziende) si è progressivamente trasformato in una sorta di grande Monòpoli in cui è il mero scambio dell’oggetto finanziario a produrre valore. È possibile, per esempio, comperare delle “ipotesi di fallimento di uno stato” (una sorta di assicurazione sulla tenuta dei buoni del tesoro che sembra più che altro una scommessa sulla sfortuna altrui), o effettuare delle transazioni così velocemente da produrre dell’utile sfruttando i meccanismi inerziali del sistema. [la società Hibernia Atlantic che concentra molte capacità tecnologiche e di investimento ha tirato un cavo in fibra ottica per la trasmissione dati da New York a Londra che permetterà il risparmio di 60 millisecondi negli scambi delle transazioni finanziarie. La stessa Hibernia Atlantic stima che 1 millisecondo guadagnato negli scambi finanziari valga 157 milioni di dollari l’anno. Si chiama High Frequency Trading] Il lavoro del signor Goldman Sachs è assolutamente immateriale, la sua concretezza sta nelle norme che lo regolano e lo tutelano, nella retorica che gli conferisce credibilità, nel saper far gruppo tra forti contro deboli e nella potenza degli eserciti che alla bisogna fanno valere i suoi “diritti”.

Come al signor FIAT serviva un accumulo di capitale iniziale per costruire la prima catena di montaggio, così al signor Goldman Sachs serve una grossa quantità di denaro (titoli, azioni) per effettuare i suoi scambi profittevoli.

Così la finanza drena e attira risorse economiche più o meno grandi generando delle imponenti concentrazioni in cui il singolo investitore tanto più è piccolo quanto più diventa anonimo e invisibile. Medio versa una parte del suo stipendio ad un fondo pensione integrativo, dona quindi una parte della sua liquidità ad un operatore di mercato il quale a sua volta la mescola a quelle di altri e la investe in modo frammentato. Risultato è che Medio non saprà mai cosa ha comperato e il suo personale contributo non sarà più riconoscibile tra quello degli altri suoi colleghi. Quando il Fondo comprerà un grattacielo nessuno potrà dire se e quanto di questo è effettivamente di proprietà di Medio. Riceverà per questo, a tempo debito, gli interessi pattuiti.

Il signor Goldman Sachs e il signor FIAT vanno d’accordo? Questo non è dato saperlo, fanno parte dello stesso Circolo ma i loro interessi potrebbero a tratti divergere, sono occupati a produrre merci differenti tendenzialmente concorrenziali. Entrambi iniziano ad essere un po’ “anziani” ma poiché non devono morire di vecchiaia la cosa non li preoccupa.

gli acquirenti

Quando Marx elaborava la teoria del valore (in verità fino – quasi – alle fine del secondo millennio) c’era l’abitudine di vendere quasi tutte le merci ‘nella stessa casa di chi le produce’ o almeno ‘vicino’. Quindi chi produceva cercava anche di mantenere tra gli abitanti della sua ‘casa’ un reddito, una qualità di vita ed un consenso sufficienti affinché le sue merci, una volta prodotte, potessero anche essere acquistate.
Oggi questo non è più vero, va detto e ripetuto. Viviamo su questo una situazione di discontinuità enorme con la storia passata, oggi del potere d’acquisto degli indigeni non se ne frega più nessuno. Il dominio sul lavoro resta locale ma il mercato è globale. Con questo, tanti saluti a ‘casa’. [daterei questo punto di rottura per l’Italia nel 1975, l’inizio della parabola discendente, un periodo di grossa conflittualità sociale ma anche molto vicino alla crisi petrolifera del 1973 e conseguente immissione di grandi masse di capitali sui mercati finanziari].

Diciamo che questo separare produttori da consumatori qualche problemino sul lungo periodo lo causa, infatti il “consumatore” per procurarsi la merce denaro da scambiare con il “produttore” non la può guadagnare, non essendo produttore a sua volta e non partecipando al circolo virtuoso del capitale, e quindi la deve rubare. Si tratta di furto con destrezza: può per esempio imporre un marchio e accamparne i diritti di proprietà intellettuale inventando una normativa ad hoc che tuteli il suo possesso delle merci indipendentemente da chi le ha materialmente composte. Di qui l’aprirsi della forbice dei redditi, la crisi del ceto medio, l’erosione dei suoi risparmi, la rincorsa alle lotterie e agli azzardi finanziari, tutti miraggi di un accesso facile alla ricchezza (quando la forbice sociale si allarga chi è nella fossa più bassa non ha davanti a sé la possibilità di salire ma solo la speranza di poter saltare, la blandizia della carriera professionale viene meno e la speranza nella fortuna cresce, e tutti giù al bar a ficcare soldi nelle slot machines).
Non interessa più che il ceto medio scambi le merci che il proletario produce ma non consuma, in una economia globale lui può anche crepare (ed estinguersi).

Diciamo ancora che questo separare i produttori dai consumatori manifesta una delle diversità tra le merci prodotte dal signor FIAT e quelle prodotte dal signor Goldman Sachs. Nel caso delle prime il processo di valorizzazione si rivolge a delle persone (che comprano l’auto, che guardano una pubblicità, che parlano una lingua e hanno dei costumi e delle tradizioni). Per le seconde, invece, il soggetto è più astratto. Le filiere creditizie possono raccogliere contributi di cui è difficile identificare gli investitori e la loro consapevolezza può essere nulla. Dopo che i fondi pensione dei poliziotti inglesi hanno investito in fondi di banche islandesi di fatto, e in maniera del tutto inconsapevole, il singolo poliziotto inglese si è trovato a detenere un pezzo di un affare farlocco grazie al quale era creditore di uno Stato seppur piccolo come l’Islanda.

la distribuzione

Della congrega del signor FIAT e del signor Goldman Sachs, è entrato a far parte anche il signor Esselunga. Ha i piedi di due misure diverse. Da un lato compra e vende, in parte sotto il suo marchio (anche se non per la sua produzione), ed in parte investe nella Finanza. Esselunga, avendo una grossa quantità di punti vendita, incassa tutti i giorni molto denaro liquido; da quando, approfittando della sua ‘dimensione’, ha deciso di non limitarsi ad imporre il prezzo ai fornitori ma anche di pagarli dopo tre/quattro mesi dal ricevimento della merce, ha circa 90 giorni di tempo per comperare e vendere nel mercato di Goldman Sachs. Voci di corridoio dicono che la grande distribuzione abbia dei margini quasi inesistenti sul prodotto mentre guadagni essenzialmente sulla liquidità. Ossia quando Medio fa la spesa all’Esselunga di fatto presta i suoi soldi per tre mesi prima che sia pagato quello che ha acquistato. Da quando l’Esselunga paga a tre mesi? Non lo so ma scommetto che è da dopo il 1975.

FIAT, Esselunga e Sachs sono l’incubo del signor Medio, questi infatti certe notti sogna di comperarsi una casa del signor FIAT in un punto vendita del signor Esselunga con dei soldi prestati dal signor Goldman Sachs. A un certo punto nel sogno si ammala, non riesce più a pagare le rate del prestito a Sachs, quindi interviene un giudice che gli toglie la casa (perché non potendo pagarla la casa non è più sua), dei carabinieri che eseguono lo sfratto e quindi lo Stato che gli aumenta le tasse perché deve compensare il mancato introito di Sachs. Quindi si ritrova senza casa e indebitato con lo Stato, che lui è lui stesso. Il sogno pullula di carabinieri, finanzieri, poliziotti tutti con la sua faccia e di schermi televisivi con giornalisti anch’essi con la sua faccia che gridano allo scandalo: “faremo quel salto, un piccolo sforzo e arriveremo dall’altra parte della forbice”, e, nel sogno, tutti hanno una forbice con una lama sola di cui non sanno più cosa farsi. In questi casi il risveglio è sempre difficile.

la concentrazione

Anche i tre protagonisti principali degli incubi del signor Medio non vivono in pace e tranquillità, sovente bisticciano e si rubano gli affari, ma sanno perfettamente che quello che devono realmente tenere a bada è il sonno del signor Medio.

I tre hanno in comune il fatto di disporre dei grandi quantitativi di beni:

– FIAT ha dei grossi stabilimenti, dei brevetti, molta manodopera, macchinari

– Goldman Sachs ha molta credibilità e molto denaro e con questo riesce a raccogliere molto altro denaro da parte di investitori (piccoli e grossi)

– Esselunga ha molti punti vendita e molti clienti. Come al signor FIAT serviva un accumulo di capitale iniziale per costruire la prima catena di montaggio, come al signor Goldman Sachs serve una grossa quantità di denaro per dare il via ai suoi scambi profittevoli, così al signor Esselunga serve una grossa quantità di clienti-credenti per costringere i produttori a tenere i prezzi bassi e convincere i distributori ad accettare una così lunga dilazione del pagamento.

Gli stessi Stati favoriscono le concentrazioni. Prima risanavano la FIAT, ora risanano i conti delle Banche, anche questo trasferisce valore dalla periferia al centro e contribuisce a indebitare Medio (perché il debito dello Stato è il suo… o no?). [Vale notare come il collante tra il debito dello Stato e il debito del signor Medio sia regolato dal Diritto, ossia è la legge a spiegare a Medio che il debito dello Stato in realtà è suo]

c’è merce e merce?

La legge della produzione del valore si applica a qualsiasi merce. Dalla FIAT Punto Evo, all’App per l’IPad, alla scuola per i figli di Medio, alle quote dei fondi azionari di Goldman Sachs. Però ci viene il sospetto che le merci (e di qui le loro produzioni) non siano del tutto uguali tra loro.

Per esempio

– per la produzione (leggi estrazione) del petrolio si fanno delle guerre mica da poco (vedi l’Iraq)
– per la produzione di energia nucleare si minacciano delle guerre (vedi Iran)
– una gran parte della produzione di merci materiali di consumo si sta spostando verso la Cina, dove il signor 平均水平 (equivalente di Medio in cinese) ha dei costi sociali minori (il suo lavoro costa meno), e nel contempo sparisce dalle nostre economie (con siderale e complice silenzio del leghista che ama investire in Romania, una sorta di Cina vicina).
– della produzione di armi non si sa nulla: quante FIAT Punto Evo o Apps per IPad all’anno valgono un ingegnere o un fisico dell’esercito? Quanti caccia F35 (o quanti morti) vale la sua riservatezza?
– non a caso le ‘manovre’ atte a risanare l’economia premiano le merci più produttive di “valore”, più rispettose della “concentrazione”, più sinergiche con le forme di controllo del “potere” (gli aerei militari e i tunnel dell’alta velocità, ad esempio) e penalizzano quelle con un valore di scambio più basso come i servizi sociali e la piccola distribuzione.

terzo mondo

mi piace chiamarlo ‘terzo mondo’, a lui sicuramente dà fastidio, gli sembrerà che io lo voglia denigrare. A me pare una speranza grande, quella di poter riuscire dove il primo e il secondo hanno fallito.
Produce molto, soprattutto in termini di materie prime, fornisce mano d’opera a basso costo, consuma poco e per questo – anche – muore di cose per cui da noi non si muore più da molto tempo (vittima della mercificazione della salute).

il potere

Quindi ci sono apparentemente delle merci diverse, che generano o discendono da forme di relazione diverse.

Alcune domande vengono facili (perché parliamo dei più forti)

– cosa succederebbe se l’Iran avesse pieno controllo sul nucleare (come Israele già ha)?
– cosa succederebbe al signor Moody’s o allo stesso signor Sachs se la Cina decidesse di bloccare l’esportazione dei suoi prodotti per una settimana? (oppure cosa succederebbe se la Cina avesse sistemi d’arma più avanzati che gli Stati Uniti? Si tratta della stessa domanda?) O se gli operai cinesi bloccassero le fabbriche per una settimana?
– cosa succederebbe se i paesi produttori di petrolio decidessero di usare come valuta di scambio l’euro? O la valuta del Mercosur?
– cosa succederebbe se la fusione fredda E-Cat di Rossi e Focardi funzionasse davvero?

Altre domande restano in gola (perché pensiamo ai più deboli)

beni comuni

una parola sui “beni comuni” va spesa, dovrebbero esserne spese di più: bene comune è ciò che sfugge alla mercificazione, ovvero che non si può dire né “privato” né “pubblico”. Marx penso non si sia posto il problema, Lenin se lo deve essere posto e il suo Stato era proprietario di tutte le cose (per delle “buone ragioni”, s’intende, …). In questo senso la teoria del beni comuni costituisce una discontinuità con un buon pezzo di storia delle teorie e pratiche anticapitalistiche del secolo scorso.

Il concetto di beni comuni vale molto perché rende merito al “valore dell’uso” delle cose rispetto al “valore” che hanno nello “scambio”.

la guerra

una parola va spesa anche sulla guerra. Si dice che ‘siamo in guerra’, ed è vero. Nella storia delle merci le guerre sono sempre state delle vie d’uscita alle crisi. Si tratta però di due tipi di guerra diversi, la nostra (per ora) è una guerra di dominio e di controllo: il potere che si tutela cercando di estirpare il nemico. La guerra voluta dal capitale, invece, è una guerra distruttiva, che annichila le merci (per esempio le case) con altre merci (le bombe) permettendo di far ripartire il ciclo di valorizzazione quando questo si ingrippa. A questa guerra, dalle nostre parti, non siamo ancora arrivati ma non è detto che non accada presto.

(La guerra distruttiva annichila le cose, le case, le istituzioni. In certi casi aiuta il signor Fiat. Giova anche al signor Goldman Sachs e al signor Esselunga? Forse questo è un tema delle loro discussioni)

prosaiche parole …

In mancanza di produzione la merce di scambio diventa spesso, per noi latini, quella del turismo.
A mio parere ciò è male: così vendi quel che hai e che non sai usare a qualcuno che ne fa merce (pago, desidero, pretendo … brrr).

D’altra parte se ti serve un tavolo e questo non può che essere svedese (Ikea) è evidente che devi scambiare merci con la Svezia per averlo. Qualcosa agli Svedesi devi pur dargli in cambio. La crisi di vocazione dei falegnami ci inguaia più di quanto sembri.

… e frasi dotte

Prese da un armamentario che controllo fino a un certo punto ma sentite ripetere come un mantra mi sento autorizzato a farne uso.

La caduta tendenziale del saggio di profitto impone al capitale l’espansione dei mercati o attraverso opera di conquista ed espansione in terre nuove o attraverso la potenza distruttiva della guerra ‘in casa’. Ma la terra è tonda, ad un certo punto l’inizio si incontra con la fine e il giochino dell’espansione non è più possibile. Erga si deve inventare qualcosa di nuovo. Dalla produzione si passa alla mercificazione, dai bisogni ai desideri. [che è un po’ quello che dice Baumann nella frase citata all’inizio]

Non capisco. Se il problema della produzione fosse risolto o superato, se il profitto estratto dal lavoro dell’uomo non costituisse più una forma di produzione di valore importante perché mai il capitale produttivo sposterebbe il ciclo in aree del mondo più convenienti alla sua attività? Che senso ha trasferire la fabbrichetta in Romania se non esattamente quello che ivi il processo di valorizzazione (leggi sfruttamento) funziona meglio? Possiamo dire che il problema sia superato? Direi di no, anzi direi che la globalizzazione è la prova lampante che il paradigma del lavoro permane tra le stampelle del capitalismo.

Il fatto che nella nostra ‘casa’ si produca di meno significa che il problema non c’è più? Almeno per noi? (ma chi siamo o chi sono questi noi?) Oppure, per esempio, mette i nostri bisogni (o i nostri desideri) nelle mani di chi costruisce le merci che consumiamo e le ‘nostre’ valute nelle ‘loro’ mani. L’assenza della fabbrica non significa che il problema non ci sia, se di fabbrica si tratta non averla sotto il naso non significa che non conti. Un po’ come giocare a poker in quattro col morto, non è come giocare in cinque ma neanche come giocare in quattro. In Cina ci sono novecentomila persone che producono l’IPad per il signor Foxconn di Taiwan, novecentomila persone che un IPad non lo possiederanno mai. Possiamo andare da loro e dire che il processo di estrazione del valore dallo sfruttamento del lavoro non conta più nelle economie moderne? E se pure non ci piace prendere l’aereo, possiamo andare a dirlo agli operai (cinesi e non) del distretto industriale di Prato? Con ciò non sostengo che tutto sia come prima, ma che, come don Giovanni, dobbiamo convivere con il fantasma del commendatore che forse sarà quello che ci seppellirà. (e di nuovo ci a chi? a quali noi?)

Il problema del ‘socialismo in un paese solo’ va coniugato con quello del ‘capitalismo in un paese solo’, le economie chiuse (del modello economico adottato dell’anticapitalismo storico) non lo sono più, ma il mondo, benché effettivamente sferico, non è ancora del tutto privo di terre inesplorate dal capitalismo avanzato. Non a caso la Cina – sempre questa Cina… – si sta comperando l’Africa, passin passino (non prima di essersi comperata il debito USA con i soldi fattisi dare dagli stessi statunitensi vendendogli collanine e specchietti, curiosa nemesi). La crisi attuale non è uguale a quelle precedenti, ma non è “diversa” perché “l’ultima di una serie di eguali”, è diversa perché le carte sono un po’ cambiate e sono state mescolate in modo originale. Il che effettivamente confonde e lascia, come tutte le cose che confondono, spazio a ipotesi millenaristiche fondate più sul misticismo che su delle contingenze reali. Gran parte delle conquiste del movimento operaio del secolo scorso erano sì frutto di lotte aspre e di rivendicazioni collettive ma erano perfettamente compatibili con una economia ‘casalinga’, anche per questo hanno potuto ottenere dei risultati. Case popolari, contrattazione nazionale, diritto di sciopero, sanità ma anche una scuola pubblica funzionante, alimentavano la circolazione di merci, soldi ed idee in un ambito nazionale con una economia chiusa. Oggi che il quadro è mutato non è la rivendicazione e la lotta che mancano ma la loro compatibilità col sistema, e nessuna di queste battaglie potrà più essere ripetuta con successo. Bisognerà quindi pensare a delle battaglie nuove.
Ecco. L’ho detto, tirate pure i pomodori purché non siano cinesi (se ce n’è ancora).

Al circolo del signor FIAT, del signor Esselunga e del signor Goldman Sachs si è iscritto anche il signor Hu Jintao, personalmente. Sarei curiosissimo di sapere cosa si dicono o non si dicono tra loro.

ma infine che puo’ fare Medio?

Questa è la domanda più interessante la cui risposta porta molta buona salute e pochi soldi ma non c’è.

Forse può aiutarlo il convincersi del fatto che ogni delega produce una piccola concentrazione di potere e indurlo a farne una gestione oculata

C’è chi gli propone di battere moneta (alternativa). leggi Nel ragionamento fatto qui sopra serve solo a evitare l’imposizione fiscale ovvero l’effetto drenante locale di capitali verso i debiti finanziari. Ti rivolgi solo a chi ti riconosce e a chi è localmente connesso. La tecnologia offre degli esperimenti interessanti di monete peer to peer (p. es. il BitCoin leggi), ma sono sempre applicazioni di nicchia.

C’è chi sostiene il diritto a fallire, e questo è interessante, lo è in generale, è il diritto a sbagliare: è il bisogno di uno spazio per capire (leggi).
In una economia in crisi il diritto di fallire è come fare il gesto dell’ombrello a Goldman Sachs. Va bene. Pero’ poi il “Made in Sweden” lo devi pagare con qualcosa di diverso dall’Euro a patto che gli svedesi siano d’accordo.

C’è anche chi sostiene che si può fallire concordando il debito con Goldman Sachs. Questo è più facile ma meno nobile, un po’ come dire “guarda che così stramazzo, se vuoi che io continui a lavorare per te devi allentare un po’ la corda”. Medio non ha ambizioni di nobiltà, sta cercando di cavarsela. Questo sistema può servire a dargli del tempo e dei suggerimenti per elaborare delle soluzioni alternative. (leggi)

C’è chi sostiene che bisogna far leva sul Diritto, sulle regole implicite dello Stato e della collettività, scardinando quei meccanismi giuridici che in mano alla troika FIAT – Esselunga – Goldman Sachs disturbano i sonni di Medio. Mettendo, per esempio, al sicuro alcuni “beni” essenziali, al sicuro ossia “in comune”. (leggi) Anche questo è un modo per prendere tempo e fornisce senz’altro spunti ed occasioni per progettare e praticare un nuovo. Non risolve per niente il problema dei pomodori cinesi, dei tavoli svedesi o del rapporto tra il signor Medio e il Circolo di FIAT, Esselunga e Goldman Sachs.

Forse può operare contro le concentrazioni, nella distribuzione, nella produzione e nella finanza, imparare a fare i tavoli e a scambiarli. La cosa ha un suo prezzo ma sempre meno di quello che gli si propone nel tunnel che ha momentaneamente imboccato. Peccato che sia un lavoro lentissimo e che richiede a sua volta una grande “concentrazione” di adesioni…

C’è chi dice che Medio dovrebbe bloccare il flusso delle operazioni di FIAT – Esselunga e Sachs, ingrippare la macchina, per mostrarne l’assurdità e l’inutilità (oltre che la profonda ingiustizia). Mi resta il dubbio di cosa si deve fare del software indiani, dell’elettronica cinese, del petrolio irakeno, oltre a non condividere la speranza che dalle grosse emozioni nascano rapidamente delle grandi idee. Qualcuna, di idea, penso, è meglio averla prima. Però senz’altro mettere in moto delle energie e riscoprire delle risorse è un passo utile.

rashomon

la storia di Medio non è, in realtà, la sua storia. Il signor متوسط, egiziano, la racconterebbe diversamente e anche Karaniwan, filippino, che pure abita da un po’ nello stesso paese del signor Medio. Non parliamo di 平均水平, che possiede un pezzo del porto di Genova ma non lo saprà mai, coltiva pomodori che non mangia e il 23 luglio 2011 ha festeggiato i 90 anni del Partito Comunista Cinese.

Medio probabilmente non sa neanche che esistono e forse farebbe meglio a saperlo.

conclusione

come è ovvio conclusione non c’è

però, nella grande confusione, e senza avere delle risposte precise riconosco che sì, la produzione è troppa ma mi chiedo per chi.

tommaso 24 dic 2011